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Moscerini

Come interveniamo

Ispezione

Sopralluogo e indagine accurata della situazione, per identificare con certezza la specie infestante e la dimensione dell’infestazione.

Trattamento disinfestante

Solitamente il controllo dei moscerini viene effettuato combinando diversi sistemi sia meccanici che biologici o chimici a seconda della situazione.

I moscerini sono insetti appartenenti all’Ordine dei Ditteri, in genere di dimensioni di qualche mm. La maggior parte dei ditteri definiti come moscerini fanno parte del sottordine Nematoceri (Chironomidi, Ceratopogonidi, moscerini dei funghi), ma fanno riferimento anche ad alcuni Brachiceri (moscerino della frutta).


Chironomidae

Gli adulti dei chironomidi hanno lunghezza variabile da poco meno di 1 a circa 14 mm. Questi hanno corpo esile e antenne lunghe. Questi caratteri li rendono simili alle zanzare, da cui si distinguono per avere il torace gibboso, che fa in parte scudo al capo, e per possedere un apparato boccale poco sviluppato, di tipo succhiante non pungente. Per questo motivo vengono comunemente chiamati zanzare che non pungono”.

I chironomidi sono insetti a metamorfosi completa: essi si sviluppano attraverso gli stadi di uovo, larva, pupa e adulto. Molto frequenti sono anche le specie che si nutrono di vegetali acquatici o di loro parti in ambienti con elevata produzione primaria. Un’importante caratteristica delle larve è la presenza nell’emolinfa di emoglobine, il cui ruolo è di concentrare l’ossigeno dell’ambiente circostante. Un limitato numero di specie vive predando facoltativamente od obbligatoriamente altri invertebrati acquatici. Gli adulti si nutrono di sostanze zuccherine o non si nutrono affatto. I loro maschi formano sciami riproduttivi, al di sopra della chioma di piante o di altri oggetti o formazioni che risaltino sull’ambiente circostante. Questi sciami possono essere formati anche da un numero di individui molto alto (talvolta milioni) e servono ad attrarre le femmine con un suono caratteristico, tipico di ciascuna specie e ottenuto con una frequenza di vibrazione delle ali. I chironomidi possono colonizzare con successo praticamente tutti gli ambienti acquatici, anche quelli più estremi, come le pozze glaciali, i litorali marini e l’ambiente pelagico, le acque termali e le saline. Esiste anche un certo numero di specie terrestri o semiacquatiche.

Danni: Non sono in grado, come altri insetti, di trasmettere parassiti all’uomo o ad animali attraverso la puntura. Gli adulti possono essere invece vettori meccanici di agenti patogeni o anche una via di fuga per sostanze pericolose (es. radionuclidi che si siano accumulati nelle larve in corpi idrici a valle di centrali nucleari). Negli ultimi quarant’anni sono andate intensificandosi le segnalazioni provenienti da vari Paesi dei problemi igienici e delle molestie recate dalle pullulazioni di chironomidi alle popolazioni che vivono sulle rive di corsi o di riserve d’acqua, sistemi di canali, laghi, acquitrini, ecc. Ma anche l’interno delle abitazioni può essere invaso, soprattutto nei mesi estivi, per l’attrazione esercitata dalle luci sugli adulti. Durante le giornate estive molto calde, inoltre, gli adulti stazionano in luoghi freschi e ombreggiati, anche delle case, dove depositano su pareti e arredi numerose macchie fecali o masse di uova.

Controllo: Sostanzialmente di due tipi, o attirando e deviando gli sciami di chironomidi che sfarfallano durante le ore notturne verso sponde del corpo d’acqua, utilizzando gruppi di lampade di particolare potenza e colorazione che risultano particolarmente attrattivi per questi insetti o creando una barriera atta a proteggere centri abitati o zone particolarmente sensibili al problema (es. aeroporti). Questo viene fatto frapponendo tra il corpo d’acqua e l’obiettivo da proteggere grandi schermi di stoffa bianca trattati con piretroidi e illuminati a giorno con proiettori a luce bianca. L’effetto barriera può essere incrementato con altri interventi sulle sponde interessate come lo sfalcio dell’erba e il trattamento di tutta la vegetazione (alberi, cespugli, siepi) per impedire l’annidamento diurno degli sciami.


Ceratopogonidae

Vengono definiti “moscerini pungenti”. La famiglia Ceratopogonidae comprende cinque sottofamiglie: Dasyheleinae, Ceratopogoninae, Forcipomyiinae, Leptoconopinae e Austroconopinae, una vera importanza medico-veterinaria è comunque ristretta a soli quattro generi, tre dei quali (Leptoconops, Culicoides e Forcipomyia subgen. Lasiohelea), esclusivamente ematofagi, risultano presenti anche nella regione paleartica, Italia compresa.

Danni: Nonostante le conseguenze delle infestazioni siano di regola lievi e asintomatiche, attacchi massivi di questi insetti causano talvolta problemi medici seri. Le specie più importanti dal punto di vista sanitario appartengono quasi tutte al genere Culicoides, le cui alate spesso penetrano in ambienti chiusi ove possono trasmettere protozoi, filarie (Mansonella spp., Onchocerca spp.) e soprattutto arbovirus, causa di gravi malattie del bestiame (tra cui la “Blue-Tongue” dei ruminanti domestici e selvatici, e la “African Horse Sickness”), come anche di patologie per l’uomo (“Oropouche”). Ben conosciuti sono l’aggressività e l’intenso fastidio di alcune specie del genere Leptoconops (in particolare di L. irritans, ma localmente anche di L. noei, L. bezzii), che nel periodo estivo possono attaccare l’uomo in gran numero, esclusivamente all’esterno: la loro puntura, doloroso-pruriginosa, è spesso seguita da intense reazioni cutanee polimorfe, che in alcuni soggetti evolvono a lesioni eritematoso-edematose locali, della durata di un paio di settimane.

Monitoraggio e lotta: Nel caso di molti Culicoides endofili provenienti da suoli umidi e/o contaminati da deiezioni, contigui ad allevamenti, è d’estrema utilità l’eliminazione mirata di fanghiglia (procedendone al ribaltamento e disseccamento, oppure al trattamento con prodotti a base di calce, sali o sostanze insetticide). Anche la riduzione di perdite d’acqua e liquame, la canalizzazione degli scarichi, la copertura e sigillatura di pozzetti e fosse di scolo, risultano tutti convenienti mezzi di lotta, e la loro portata risulta incrementabile tramite azioni che riducano il contatto tra vettori e ospiti (es. il ricovero notturno degli animali da reddito in ambienti protetti, schermati da zanzariere a maglia fitta). Buoni risultati potrebbero ottenersi, localmente, applicando metodiche integrate e sostenibili: ad esempio, modificando opportunamente la salinità di focolai palustri costieri e regolando l’afflusso di acque dolci o salmastre. Sono in fase di sviluppo, inoltre, studi sull’impiego di attrattivi che indirizzino le alate verso trappole e barriere variamente innescate/trattate (con CO2, sostanze feromoniche e simili, analogamente a quanto realizzato per il controllo dei culicidi molesti), mentre è auspicabile il miglioramento della ricerca di repellenti specifici, considerata la mediocre efficacia e durata di quelli (di derivazione naturale o sintetica) oggi in commercio. Ne consegue, che indossare vesti chiare, comode e leggere, adeguatamente aderenti e coprenti, nonché programmare opportunamente le attività all’aperto fuori dai picchi di densità degli infestanti, continuano a rappresentare utili modelli di prevenzione individuale e collettiva.